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È mutata la sensibilità del CDA rispetto ai rischi derivanti dalla non compliance?

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Collegamento tra amministratore e compliance: tutto parte da lì.
Il Cda ha, tra gli altri, il dovere di agire in modo diligente, di agire in modo informato, e il dovere di curare l’assetto organizzativo che è un tema ovviamente molto legato alla compliance.
Abbiamo avuto una profonda evoluzione normativa legata al D.lgs. 231, che ha incoraggiato i doveri di controllo, e una ampia evoluzione dei codici di Corporate Governance che hanno molto puntato sulle questioni legate alla gestione del rischio.
La sensibilità degli amministratori è sicuramente aumentata nel tempo. L’attenzione c’è!
II rischio di non conformità è il rischio di breve periodo più importante per un’organizzazione: se un’azienda sbaglia strategia potrebbe anche avere il tempo di correggersi, un errore sulla compliance è spesso letale. In alcuni casi la mera minaccia di un provvedimento di revoca della licenza di operare ha portato alla chiusura di aziende nel giro di breve tempo.

Bruno Cova

Quindi i consiglieri di amministrazione sono da un lato virtuosamente interessati a questo tema perché hanno capito che è un tema importante per la gestione della società, dall’altro – oltre la loro capacità e professionalità – c’è anche il timore del rischio di dover rispondere per i danni creati e in alcuni casi addirittura dal punto di vista penale.
Un’ultima annotazione sempre legata agli sviluppi recenti: l’avvento della dichiarazione non finanziaria così come altri provvedimenti più recenti in corso, in alcuni casi di adozione da parte dell’Unione Europea, rilanciano un’importante attività di disclosure, obbligando le organizzazioni a dare delle informazioni corrette al mercato e quindi ad occuparsi ovviamente di temi di compliance.

   

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