7 domande a Lorenzo Maria Di Vecchio, Christian Dior Couture
Lorenzo Maria Di Vecchio, Legal Ethics & Compliance Director EMEA Christian Dior Couture, è entrato nella maison francese nel settembre 2019 con il compito principale di creare una funzione Ethics & Compliance globale che coprisse tutte le diverse Region dove il marchio dell’alta moda opera. Oggi è alla guida di un team di 7 persone dislocate nella sede centrale a Parigi e nelle diverse zone del mondo, incluse le Americhe, la Cina, la Russia, il Giappone, l’Asia Pacific e il Medio Oriente. Prima del passaggio in Dior, Di Vecchio ha lavorato in Fendi (Gruppo Lvmh) e in precedenza – dopo oltre 5 anni di libera professione – per Colgate Palmolive, Hill’s Pet Nutrition e Heineken. Nel giugno 2017 ha co-fondato MyGovernance, società che sviluppa soluzioni Legal Tech per il whistleblowing e la compliance aziendale.
Lo abbiamo intervistato per i lettori di compliancedesign.it cercando di ripercorrere in 7 domande l’evoluzione della funzione e del ruolo dei manager.
Come è cambiata nel tempo la funzione compliance? E quali le implicazioni per professionisti e consulenti?
La funzione compliance «moderna» dal mio punto di vista si è iniziata a intravedere nell’ultimo decennio, con un boost negli scorsi 4/5 anni. Sicuramente le aziende americane per la SOX e l’FCPA hanno influito molto nella creazione di un mindset pro compliance anche in Italia; successivamente anche la famosa 231 ha dato quell’ulteriore spinta. Tuttavia fino a qualche anno fa, la compliance non era altro che una funzione dedicata alla formalizzazione delle attività richieste dalla legge, nulla più. Redazione di procedure, policy, documenti interni. Questa era l’attività principale. Ricordiamo tutti i tempi d’oro dei Modelli 231 di 200 pagine per una branch locale che non venivano neanche riletti, forse a malapena condivisi con il top management, e sicuramente restavano dei perfetti sconosciuti ai dipendenti dell’azienda.
“Grazie all’intraprendenza e lungimiranza di alcuni compliance officer, la maggiore pragmaticità delle Autorità (che non si fermano più al compitino) ed a un momento storico in cui l’azienda deve soppesare ogni mossa strategica, la compliance è diventata parte integrante, se non il centro della decisione”
L’azienda ha al proprio interno un interlocutore attento, vicino al business, che non è un mero controllore, ma un valore aggiunto con cui confrontarsi per prendere la migliore scelta di business. Ne consegue che anche i consulenti stile “Modello 231 anni 2000” non trovano più posto presto queste funzioni, sono fuori tempo, fuori luogo e fuori contesto. La procedura standard redatta dal consulente che deve essere solo riempita con il nome della azienda cliente non serve più a nulla. Il consulente deve dare quel valore aggiunto al cliente che può’ essere anche solo l’esperienza con altri clienti e altri industries. Spesso e volentieri anche un semplice suggerimento relativo a cosa ha fatto un altro cliente nella medesima situazione può essere cruciale e ben più utile, in una materia che non è statica, è in continuo divenire e quindi richiede il più delle volte soluzioni pratiche e creative.
Spesso le organizzazioni lamentano la distanza tra compliance formale e sostanziale. Quanto è vera questa percezione?
Penso che se ancora ci si trova in queste situazioni, la colpa sia del compliance officer. Sono cresciuto da sempre in aziende di comunicazione e marketing e la prima cosa che ho imparato è stata: “se non ti capiscono, la colpa è tua”. Sono ancora più convinto di questo pensiero che è diventato un mio mantra. E lo declino in tutti gli aspetti del mio lavoro. Se quindi un’organizzazione ritiene di avere una compliance formale, la colpa è unicamente dell’inadeguatezza del compliance officer. Non ci rendiamo conto della grandezza e trasversalità che ha questo ruolo. Non ho mai sentito una volta dire: “no questo non lo puoi fare perché lo fa qualcun altro”. In azienda, una compliance proattiva e intelligente non ha limiti, tutto sta alla sensibilità di chi guida la funzione a prendersi il giusto spazio. E quindi il mio invito ai colleghi è di spingersi più in là di un semplice “tick the box”, vi assicuro che ne vale la pena!
Quanto conta avere una governance chiara e ben comunicata a tutti i livelli dell’organizzazione?
Il 100%. Ma anche qui, al contrario, una carenza di governance chiara e di comunicazione non efficace non può essere una scusa. E se le due cose mancano, sarà ancora una volta al compliance officer metterle a posto. Sappiamo tutti che le diverse funzioni aziendali sono prese dalla loro quotidianità e che non pensano sempre e solo a noi. Aiutiamole a fare un buon lavoro per noi. Manca la comunicazione? Prepariamo un bel paper di lancio della funzione chiarendo cosa facciamo e cosa ci aspettiamo dalla popolazione aziendale. Mancano ruoli e responsabilità? Parliamone con la funzione corporate per proporre una migliore struttura. E se non riusciamo a formalizzare queste attività, intanto iniziamo, spesso e volentieri la forma segue la sostanza… e se poi manca il committment dell’istanza dirigente, no panic: andiamo a parlarci. Prendiamoci 20 minuti nel prossimo comitato esecutivo dove spieghiamo la nostra visione. Facciamo dei 1 to 1 con gli altri direttori. Parliamo, raccontiamo, i temi sono sicuramente di interesse e non c’è il rischio che non siano percepiti allo stesso modo. A volte per paura di sbagliare non si fa e ci si giustifica ancor prima di aver provato.
Quanto ritiene importante l’integrazione – ad origine – nei piani strategici aziendali dei profili di rischio e compliance?
In organizzazioni mature, la compliance non può non sedere al tavolo delle decisioni strategice. Osserviamo anche solo agli ultimi 12/18 mesi. Tenere aperto o chiudere uno stabilimento; decidere di aprirne un altro. Rafforzare la rete retail. Seguire gli ultimi trend in temi di sostenibilità. La compliance diventa il consulente principale nella scelta e, in un momento storico in cui, come non mai, non c’è una seconda occasione per fare una buona prima impressione, ogni errore si può pagare caro. Ecco quindi come la prevenzione, il ragionamento, la discussione interna diventano cruciali…continua a leggere l’intervista, clicca e scarica la versione integrale!