Compliance: leva strategica di successo
Compliance come “compagna di viaggio”. È una delle espressioni più accattivanti emerse durante il round table (in apertura della prima edizione di Innova in Compliance) ricco di stimoli e ispirazione per tutti coloro che, in vario modo, sono coinvolti nella difesa di ciò che ormai è considerato il patrimonio primario di un’organizzazione: reputazione e clienti, sia esterni che interni.
Riconquistare la fiducia degli stakeholder rispetto a una reputazione incrinata è sicuramente una delle sfide più complesse che un manager può trovarsi ad affrontare. Ma è anche un’impresa ricca di motivazione nella rinnovata convinzione che la compliance non parte solo dall’alto (dalla costruzione di un role model del general manager o del board), ma è una conquista che permea tutta l’organizzazione che si riconosce “naturalmente” nei valori oltre le regole.
La compliance non è esclusiva della funzione di compliance (che deve essere vista come un coordinatore o arbitro) ma è di tutte le persone che lavorano in un’azienda, ognuno nel suo raggio di azione e di competenza.
Nelle organizzazioni è ancora evidente la necessità di uno step up culturale, specialmente per quelle funzioni spesso a diretto contatto con il cliente e orientate da obiettivi che nella stessa compliance vedono un ostacolo e nei confronti della quale c’è timore, paura. Il tema della sensibilizzazione ritorna come concetto fondamentale in un approccio diffuso e di “psychological safety”, per andare oltre la colpevolizzazione e il mero giudizio verso un approccio improntato alla costruzione della fiducia e dalla consapevolezza che si può, e si deve, imparare dagli errori.
È un percorso, ma è anche un investimento importante dell’azienda o delle singole persone che deve trovare raccordo nell’armonizzazione tra tutte le funzioni a partire dai vertici, attraverso la compliance, il legal, il finance, le risorse umane fino a coinvolgere attivamente tutto il commerciale o le aree più periferiche del business.
Il modo, forse l’unico, per ottenere questo risultato, passa attraverso due elementi sostanziali. Uno riguarda la conoscenza, l’altro è la condivisione. Conoscere le regole del gioco ti permette di “giocare” nel migliore dei modi. Creare partnership reali con tutti gli interlocutori è invece l’elemento sostanziale per poter far succedere gli eventi.
Una condivisione totale, massima, è fondamentale anche in una fase di contraddittorio con le autorità: se hai condiviso con le varie funzioni (quindi c’è stata una segregation of duties adeguata), si ha più probabilità di dimostrare la correttezza o buona fede dell’operato. Non basta individuare i rischi, e non basta farlo nel modo migliore, bisogna anche sapere dimostrare di averlo fatto nel modo migliore.
Ma non esiste vera partnership se le regole del modo di lavorare non sono condivise, assimilate e diffuse. Un lavoro lungo e complesso, perché comunque un cambio di mindset è faticoso. […]continua a leggere People in Compliance#24
In foto da sx vs dx: Ascensionato Carnà, Daniele Finocchiaro (AD Associazione Italiana Ricerca sul Cancro AIRC), Isabella Mandelli (già AD Stryker), Jessica Meloni (Legal Director Ceva Logistics), Patrizia Olivari (AD Ipsen), Francesco Scopesi (AD Idorsia) e Jacopo Bazzerla (Carnà & Partners).