Cavallo (Pillarstone): La compliance è la nostra licenza di operare

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La compliance è la nostra licenza di operare: il motivo per cui possiamo continuare a portare avanti la nostra attività con i nostri investitori

È netta e chiara la posizione di Silvio Cavallo, General Counsel e Compliance Officer di Pillarstone piattaforma per gestire gli asset non-core e underperforming delle banche europee.

Dal 2015, Pillarstone è cresciuta costantemente raggiungendo oltre 2 miliardi di euro in gestione con riguardo a un’ampia varietà di aziende e settori industriali, tra cui telecomunicazioni, navigazione, tempo libero, beni di consumo e produzione industriale. E ogni azienda ha i propri rischi particolari da valutare e gestire. In una industria basata molto sulla fiducia degli investitori e dei partners, avere un track record consistente e serio in materia di compliance è assolutamente fondamentale. “Per ciò che riguarda Pillarstone, il numero limitato di controparti – tipicamente grandi istituzioni finanziarie e primari consulenti legali e finanziari – riduce, evidentemente, i rischi legati alla corruzione in modo significativo. 

Ma la posizione di rischio astratto può essere completamente diversa per ciò che riguarda le nostre società di portafoglio” aggiunge Cavallo che continua “c’è un diverso grado di rischio, a seconda che Pillarstone sia un semplice creditore o abbia una posizione di equity , in particolare, in termini di quantità di due diligence che si può svolgere e leve di governance che è possibile attivare per ridurre al minimo i rischi di compliance”. Da questa consapevolezza e dal desiderio di allinearsi agli standard più elevati in materia di compliance, incluso quelli che guidano KKR (il principale sponsor della piattaforma), Pillarstone ha deciso di testare la maturità del proprio programma di compliance, specialmente sul fronte anticorruzione, con il supporto di un provider indipendente, Ethisphere.

“È stato un lavoro abbastanza articolato e lungo che ha permesso di valutare la robustezza e la maturità del nostro programma di compliance a tutto tondo. Non soltanto nella parte delle policy e delle procedure, ma soprattutto della comprensione del modello complessivo di compliance. La valutazione è stata molto pratica e ci ha costretti a porci numerose domande, e a guardare alle nostre policy e procedure attraverso gli occhi delle persone che devono utilizzarle su base giornaliera. Si può avere una serie incredibilmente dettagliata di regole, ma se chi deve applicarle quotidianamente non ne comprende la portata, i termini di applicazione, o come potrebbero influenzare il modo in cui svolgono il loro lavoro, il modello rischia di non essere efficace” sottolinea Cavallo.

Il coinvolgimento e la consapevolezza dei soggetti in posizione apicale è l’altro presupposto fondamentale affinchè la compliance possa funzionare in modo efficace.

L’approccio viene definito di fatto dalle persone apicali e il livello di attenzione che i membri del Consiglio di amministrazione rivolgono alle tematiche di compliance e governance si riflette a valle. “Una delle cose di cui sono più orgoglioso nel processo di stress-testing del nostro modello di compliance, è stato quello di rendermi conto di quanta chiarezza ci fosse nell’intera squadra Pillarstone: le aree di rischio chiave identificate dai membri junior del team erano completamente allineate con quelle identificate da individui più senior, senza nessuna possibilità di influenzarsi dato che si lavorava su quattro gruppi separati: i membri del consiglio di amministrazione; il team di investimento senior; il team di investimento junior e quello legale, finanza e compliance” spiega Cavallo.

L’esame interno di consapevolezza e maturità del programma di compliance è stato un momento importante per riconfermare la maturità del proprio assetto e, per confrontarsi a valle, in maniera altrettanto lineare con un processo di investimento e di selezione delle target, influenzato in maniera sempre più forte e determinante da due dimensioni: quella legata ai temi dell’anticorruzione e quella legata al fattore ESG.

Un modello di compliance solido e adeguato, che riesca a difendere l’organizzazione da potenziali minacce “ethics” tende ad esprimere un valore superiore a quello dei competitor che invece hanno un approccio alla compliance meno maturo: “la solidità e robustezza dell’impianto compliance è oggetto di specifica misurazione quale parte del processo di investimento” aggiunge Cavallo.

L’altra dimensione, in qualche modo complementare ma altrettanto determinante, che sta influenzando le decisioni di investimento, è quella legata ai fattori ESG e di sostenibilità. E’ il mercato – insieme all’impianto normativo – a spingere verso l’integrazione di questi fattori nel modello operativo della società, esprimendo di fatto un paradigma nuovo. “Tradizionalmente il tema della sostenibilità, il tema ESG, era approcciato da una prospettiva ancillare rispetto alle performance della società. Tendeva ad esprimere l’afflato più caritatevole del “give back”, della responsabilità sociale d’impresa invece di essere considerato un elemento diretto e integrale al modello di business, al processo di creazione di valore.

Oggi, l’approccio alla sostenibilità è letto in chiave organica rispetto alla performance della società, l’attenzione – in particolare – ai temi ambientali e della transizione verso un modello economico a zero emissioni sta diventando davvero un elemento tangibile nei processi di capital allocation.”

Questa nuova relazione organica sta davvero cambiando in modo molto profondo le dinamiche del mercato e sta agendo innanzitutto come fattore di selezione in relazione ad alcune industrie o ad alcune società. E’ sempre più difficile, soprattutto per i grandi investitori istituzionali, investire in società che, per esempio, non abbiano o non stiano attrezzandosi per avere un modello che tende alla riduzione delle emissioni di CO2 o in società che abbiano una totale inconsapevolezza di tutte quante le tematiche di sostenibilità.

E anche in questo caso emerge un meccanismo premiale e di maggiore attrattività verso quelle società che riescono a collocarsi al vertice nella curva del processo di integrazione piena degli elementi di sostenibilità. La direzione è ormai tracciata e i prossimi step – anche legislativi – confermano la profonda sensibilità al tema da parte delle organizzazioni e istituzioni, soprattutto europee. La proposta di direttiva in materia di corporate sustainability due diligence è una iniziativa legislativa molto ambiziosa […] continua a leggere l’intervista su “People in Compliance”. Clicca per scaricare newsletter!

Tra la E (environment) e la G (governance) c’è un nuovo trend connesso al fattore S (social) che sta acquisendo molto consenso e sembra altrettanto destinato a modificare gli assetti e le modalità di investimento: è la c.d. shared ownership