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Sanzioni Internazionali: da vincolo normativo a leva operativa e di cambiamento

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Il 7 luglio, nella cornice di un incontro promosso da ComplianceDesign.it, EY Forensic & Integrity Services e Orrick, si è tenuto a Roma un talk interamente dedicato al tema delle sanzioni internazionali – un argomento sempre più cruciale per imprese, operatori finanziari e professionisti, chiamati a confrontarsi con uno scenario geopolitico instabile, regolamenti in continua evoluzione e aspettative crescenti da parte delle autorità di vigilanza.

L’incontro, introdotto da Fabrizio Santaloja (Managing Partner Europe West Region – EY Forensic & Integrity Services) e moderato da Jean Paule Castagno (Partner, White Collar Crimes, Orrick), ha riunito voci istituzionali, esperti legali e responsabili compliance di primari gruppi industriali e finanziari: Marcello Irlando (Senior Technical Officer, Ministero degli Affari Esteri), Pierfilippo Rossetti (SVP, Corporate & Divisional Compliance, Leonardo), Stefano Scaroina (Head of Compliance & Anti-Money Laundering, Gruppo CDP), Nicola Mitidieri (Head of Compliance, AML & Privacy, DeA Capital RE SGR) e Luigi Neirotti (Senior Legal Counsel, EY Studio Legale Tributario).

Una tavola rotonda ricca e articolata, che ha offerto spunti concreti, approcci complementari e riflessioni operative su come affrontare il nuovo perimetro delle sanzioni internazionali.

Marcello Irlando ha aperto il confronto evidenziando come l’impatto delle misure restrittive adottate dall’Unione Europea a partire dal 2022 abbia segnato un cambio di paradigma. Le sanzioni non sono più un elemento episodico, ma uno strumento strutturale della politica estera, con impatti operativi rilevanti soprattutto per le PMI italiane. L’introduzione di clausole contrattuali vincolanti come la “No-Russia Clause” e l’obbligo di “best effort” impone alle imprese un salto di qualità nella gestione del rischio, chiamandole a dotarsi di Internal Compliance Programmes efficaci, anche per tutelarsi da conseguenze penali. Più che un vincolo, una sfida culturale e organizzativa, che può però generare valore, efficienza e affidabilità nelle filiere globali.

Su questa linea si è inserito l’intervento di Pierfilippo Rossetti, che ha raccontato l’esperienza maturata da Leonardo nella gestione del rischio export control e nella prevenzione del rischio di diversion. Con un sistema strutturato, che coinvolge tutte le funzioni – dall’ingegneria al procurement, dalla legale al top management – Leonardo ha costruito un modello integrato di compliance, dotato di strumenti operativi come le liste Paese, i comitati di categorizzazione e lo screening degli end-user. La funzione Compliance, indipendente e con deleghe operative, rappresenta un presidio centrale in grado di accompagnare il business, garantendo controllo e tracciabilità anche in contesti complessi come quello del dual use.

Il punto di vista del settore finanziario è stato portato da Stefano Scaroina, che ha spiegato come il rischio sanzionatorio venga oggi trattato con la stessa attenzione riservata all’antiriciclaggio. CDP ha sviluppato un modello che parte dal “know your customer” ma va oltre, con una mappatura puntuale delle transazioni, delle geografie coinvolte e dei soggetti terzi, al fine di intercettare triangolazioni sospette e segnali di elusione. L’analisi geopolitica diventa uno strumento di lavoro quotidiano, integrato nei processi di due diligence e di monitoraggio. La sfida è distinguere operazioni lecite da quelle a rischio, senza ostacolare lo sviluppo, ma rendendolo più sicuro e sostenibile.

Nicola Mitidieri ha rilanciato su un punto chiave: non basta avere procedure, serve cambiare mentalità. La compliance deve entrare nel processo decisionale, dialogare con i vertici e contribuire alla definizione delle strategie aziendali. In un contesto dove l’opacità cresce – tra strumenti cripto, IBAN virtuali e strutture societarie complesse – non si può più agire solo ex post. Serve costruire consapevolezza, anche nei consigli di amministrazione, e dotarsi di risorse adeguate. Il rischio sanzionatorio non è solo legale, ma soprattutto reputazionale, e può minare alla base la sostenibilità di un’operazione o di un intero modello di business.

Ha concluso il panel Luigi Neirotti, con il caso EY. Un modello maturo e multilivello, basato su controlli preventivi, comitati di valutazione, strumenti digitali di screening continuo e una formazione obbligatoria che coinvolge tutto il network. Ogni incarico viene validato a monte, valutando rischio Paese, composizione societaria e natura delle attività. Le tecnologie supportano in modo integrato l’operatività, garantendo alert tempestivi e aggiornamenti automatici. La conformità alle sanzioni, ha spiegato Neirotti, non è una barriera, ma un elemento qualificante dell’affidabilità e dell’integrità dell’organizzazione.

Dal confronto è emersa una convinzione condivisa: le sanzioni non possono più essere gestite come un adempimento isolato. Sono un fattore critico di governance, che deve entrare nei modelli organizzativi, nella cultura aziendale e nelle scelte strategiche. Comprenderle, prevenirle e trasformarle in leva competitiva è oggi una priorità per chiunque operi su scala internazionale.

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