Se dovessimo associare la compliance a un animale, quale sceglieremmo? Un leone, simbolo di forza e autorità? Un gufo, per la sua saggezza? O magari…
L’idea di un responsabile compliance perfettamente integrato nel business, con competenze solide, budget adeguato e il giusto livello di autorità, sembra quasi mitologica. Un essere raro e straordinario, capace di trasformare le regole in opportunità e di garantire che l’azienda cresca in modo sostenibile e trasparente. Se fosse così, allora la compliance sarebbe davvero un unicorno: affascinante, perfetto, invidiabile… ma impossibile da trovare nella realtà.
Ma torniamo con i piedi per terra. La verità è che, nella maggior parte delle aziende, la compliance non è vista come una creatura magica che ispira e guida il business. Spesso è percepita come un peso, un insieme di vincoli da rispettare per evitare problemi. Invece di essere un motore di innovazione, viene confinata in un ruolo burocratico, con poche risorse e un’influenza limitata sulle scelte strategiche.
E qui entra in scena un altro animale: il calabrone.
Secondo una vecchia leggenda, il calabrone non dovrebbe essere in grado di volare: il suo corpo è troppo grande rispetto alle ali. Ma lui non lo sa, e quindi vola lo stesso. La compliance, invece, spesso non vola perché non è consapevole del suo potenziale.
Ma cosa accadrebbe se cambiasse prospettiva? Se smettesse di vedersi come un insieme di regole da far rispettare e diventasse un vero partner del business? Se avesse il coraggio di dimostrare che può creare valore, facilitare le decisioni e rendere le aziende più solide e competitive?
La verità è che la compliance può volare, eccome. Ma per farlo ha bisogno di una cosa fondamentale: consapevolezza. Delle sue capacità, del suo ruolo strategico e dell’impatto che può avere.
Non serve essere un unicorno per fare la differenza. Basta essere un calabrone… e smettere di dubitare delle proprie ali.