Corporate Sustainability Due Diligence: proposta UE e regolamentazione italiana

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Come la proposta UE potrebbe avere impatto sull’esistente regolamentazione italiana 

a cura di Global Risk Profile

Il 23 febbraio 2022,la Commissione Europea ha adottato una proposta di Direttiva sulla sostenibilità aziendale (di seguito denominata Proposta). L’impatto di questa normativa sulle società che soddisfano le soglie richieste e che hanno sede o svolgono attività commerciali nell’UE è significativo, poiché introduce un quadro comune di obblighi di due diligence a lungo atteso.
L’adozione della proposta mostra che la questione della responsabilità ambientale delle imprese in Europa e la sua attuazione su larga scala è andata oltre il semplice auspicato desiderio. Diversi paesi europei hanno già implementato pienamente le proprie legislazioni nazionali sulla due diligence ESG, tra cui Francia, Germania e Paesi Bassi.

La proposta mira a stabilire un quadro giuridico comune che renda le imprese europee direttamente responsabili del rispetto dell’ambiente e dei diritti umani fondamentali, non solo nello svolgimento delle proprie attività imprenditoriali, ma anche per le filiali e terze parti nella propria supply chain.

La Legislazione Italiana sulla Due Diligence alla luce della Direttiva UE

In Italia, il rispetto dei diritti umani fondamentali è un caposaldo delle attività economiche svolte dalle imprese private. Si tratta di un vecchio principio consolidato nell’ordinamento italiano che emerge dall’interpretazione dell’articolo 41 della Costituzione italiana. Esso stabilisce che l’attività economica non possa essere svolta contro il raggiungimento di fini sociali, il che significa che non deve essere commesso alcun danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. L’8 febbraio 2022 la Camera dei Deputati italiana ha approvato una proposta di legge che ha modificato l’articolo 41 inserendo la salute delle persone e l’ambiente fra i propri valori primari protetti.

In base a questa Proposta, tutte le società sono tenute a condurre attività di due diligence sui diritti umani e sull’ambiente in tutta le loro attività applicando politiche di due diligence e compliance. Il campo di applicazione della Proposta copre solo le grandi imprese (società con oltre 500 dipendenti e un fatturato netto globale superiore a 150 milioni di euro) e le società operanti in alcuni settori ad alto impatto come quello minerario e tessile (nello specifico le imprese con 250 dipendenti e un fatturato netto globale pari a o superiore a 40 milioni di euro). Sebbene le micro, piccole e medie imprese (PMI) siano escluse dall’ambito di applicazione della proposta, è importante sottolineare che diverse PMI saranno da questa impattate se fanno parte della supply chain di grandi imprese interessate.

Il Decreto Legislativo 231 introdotto nel 2001 ha stabilito la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per i reati commessi nel proprio interesse o vantaggio, e può essere considerato l’equivalente più vicino a una legge sulla due diligence di corporate sustainability in Italia. Questa legge individua i criteri che rendono responsabili le società e tra i reati vi sono specifiche violazioni dei diritti umani e reati ambientali, tra cui la schiavitù, la tratta di esseri umani, il lavoro forzato, la tutela della salute e sicurezza sul lavoro e l’inquinamento ambientale.

Le aziende dovrebbero disporre e attuare efficacemente un programma di conformità in grado di prevenire questi reati, così da essere esonerati da qualsiasi responsabilità nel caso in cui uno di questi reati venga comunque commesso. Inoltre, da gennaio 2017, le grandi imprese in Italia sono obbligate a pubblicare i Report di Sostenibilità in attuazione della Direttiva 2014/95/UE, la cosiddetta Non-Financial Reporting Directive (NFRD). 

Questa Direttiva è stata recepita nell’ordinamento italiano dal Decreto Legislativo 254 /2016. Gli enti di interesse pubblico, nell’ambito della legge, devono includere le dichiarazioni non finanziarie come parte integrante dei loro obblighi di rendicontazione pubblica annuale. Secondo la Direttiva 2014/95/UE, le informazioni non finanziarie da includere sono essenzialmente “informazioni nella misura necessaria per comprendere lo sviluppo, le prestazioni, la posizione e l’impatto della attività dell’impresa, relative, come minimo, alle questioni ambientali, sociali e relative ai dipendenti, rispetto dei diritti umani, anticorruzione e concussione”.

Iniziative delle Autorità italiane nella promozione della due diligence di corporate sustainability

Nel 2012 è stato introdotto lo strumento del “rating di legalità” (legality rating). Sulla base di tale strumento di policy, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato può assegnare delle “stelle” quale indicazione del grado di rispetto delle regole etiche dell’impresa che abbia richiesto il rating. Il rating di legalità premia le iniziative di sicurezza e trasparenza volontariamente adottate dalle imprese, consentendo un più agevole accesso ai finanziamenti pubblici e al credito bancario.

Nel 2014, inoltre, è stata costituita dall’INPS la Rete del Lavoro Agricolo di Qualità, attraverso l’art. 6 del DL 91/2014, che nel 2016 è stato recepito dalla Legge (Legge 199/2016). La Rete del Lavoro Agricolo di Qualità è una rete di imprese conformi a specifici requisiti. Possono aderire alla rete aziende agricole che, tra i vari requisiti, non siano state condannate per violazioni del diritto del lavoro e della legislazione sociale, per delitti contro la pubblica amministrazione, delitti contro la pubblica sicurezza, delitti contro la pubblica economia, industria e commercio, crimini contro gli animali e delitti in materia delle imposte sul reddito e sul valore aggiunto.

Pertanto, mentre alle aziende in Italia vengono offerti determinati premi per un corretto comportamento nell’ambito del quadro legislativo, la Direttiva UE richiederà di più a tutte le aziende, indipendentemente dalle loro intenzioni.

La Proposta di Direttiva implica qualcosa di nuovo per le aziende in Italia?

La Proposta non mira a sostituire gli obblighi di due diligence esistenti a livello nazionale. In questa prospettiva, l’Italia dovrà valutare se il regime esistente debba essere adattato alle regole di due diligence della Proposta o se le leggi nazionali già esistenti siano adeguate.

Sebbene gli obblighi di due diligence per le imprese italiane non siano una novità, la Proposta comporta alcuni ulteriori importanti obblighi per le imprese che richiederanno un intervento significativo da parte del Paese e del Governo.

In primo luogo, le imprese dovrebbero integrare la due diligence sulla sostenibilità nelle politiche aziendali e disporre di una chiara politica di due diligence. In tal senso la politica di due diligence dovrebbe prevedere: una descrizione dell’approccio aziendale alla due diligence, un codice di condotta che descriva le regole e i principi che devono essere seguiti dai dipendenti e dalle filiali dell’azienda e una descrizione dei processi messi in atto per attuare la due diligence, comprese le misure adottate per verificare il rispetto del codice di condotta.

Inoltre, la Proposta stabilisce un obbligo di due diligence. Questo dovere è composto dai seguenti elementi: identificare, fermare, prevenire, mitigare e contabilizzare. Ciò significa che le società e i loro amministratori dovrebbero identificare eventuali effettivi o potenziali effetti negativi sui diritti umani e sull’ambiente, adottando tutte le misure appropriate per porre fine agli effetti negativi attuali e prevenire futuri impatti negativi. Le aziende dovrebbero inoltre valutare periodicamente l’attuazione delle proprie misure di due diligence al fine di verificare che eventuali impatti negativi siano adeguatamente identificati e che siano attuate misure preventive o correttive.

Al fine di consentire un’identificazione completa degli impatti negativi, tale identificazione dovrebbe basarsi su informazioni quantitative e qualitative. La Proposta introduce anche obblighi relativi alla supply chain dell’azienda. Le aziende dovranno valutare la propria supply chain almeno una volta all’anno, e quando vengono prese decisioni aziendali importanti, per quanto concerne i rischi quali il lavoro forzato, il lavoro minorile, la sicurezza sul lavoro inadeguata e gli impatti ambientali come l’inquinamento e il degrado dell’ecosistema.

I prossimi passi

La Proposta passerà al Parlamento europeo e al Consiglio per approvazione o modifica. Una volta adottata la Proposta, gli Stati membri avranno due anni per attuare la direttiva. […] continua a leggere People in Compliance