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Whistleblowing e direttiva: i 4 punti critici per Confindustria

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In un paper al Parlamento Confindustria sottolinea in 4 punti le criticità del recepimento dell’ultima direttiva Ue

Il primo riguarda l’ambito soggettivo di applicazione: lo Schema include tra i destinatari della nuova disciplina le imprese con meno di 50 dipendenti che siano dotate di un modello organizzativo 231. Per Confindustria sarebbe invece opportuno l’ambito di applicazione nel settore privato ai soggetti dotati di un modello organizzativo 231 che impieghino più di 50 dipendenti.

Secondo quanto si legge nel paper, la formulazione attuale rischierebbe di disincentivare le piccole e medie imprese fino a 50 dipendenti ad adottare o a mantenere il modello 231, con un aggravio di adempimenti che mal si conciliano con le dimensioni organizzative del nostro tessuto produttivo. Di conseguenza, per i soggetti privati che adottano un modello, ma che hanno meno di 50 dipendenti, l’indicazione è di continuare ad applicare l’attuale disciplina sul whistleblowing.

Il secondo punto evidenziato fa riferimento al campo di applicazione oggettivo: lo Schema prevede che le “mere” violazioni del modello 231 potrebbero essere oggetto anche di divulgazioni pubbliche, al pari di quelle del diritto dell’UE e delle altre tipologie di violazioni contemplate.

Confindustria ritiene necessario distinguere le corrispondenti violazioni, che dovrebbero essere oggetto di segnalazioni attraverso i soli canali interni, dalla commissione di reati presupposto della responsabilità 231, per i quali risulta invece ragionevole prevedere, ove ne ricorrano i presupposti, l’utilizzo dei canali di segnalazione esterni e della divulgazione pubblica. Come pure andrebbe escluso il ricorso alla segnalazione esterna se quella interna si è conclusa con un provvedimento finale negativo.

Il terzo punto riguarda la necessità di un adeguato bilanciamento tra l’emersione delle violazioni e i rischi di danni reputazionali all’impresa e al segnalato, in presenza di segnalazioni che si rivelino false o infondate.

In particolare, Confindustria sollecita: una maggiore precisazione, in tutto il testo del provvedimento, su cosa debba intendersi per “fondati motivi” che le giustificano; contenere la discrezionalità del segnalante – anche – in ordine al canale (interno, esterno o tramite divulgazione pubblica) di segnalazione scelto, tenuto conto della necessità, richiesta dalla Direttiva, che il whistleblower ritenga altamente probabile che si sia verificata o si verifichi la violazione e che sia in grado di documentare, o comunque suffragare, in modo adeguato la segnalazione, in linea peraltro con quanto emerge dalla Direttiva e dalle indicazioni dell’ANAC; rafforzare i presidi di natura sanzionatoria, ancor prima che intervenga una condanna in primo grado.

Il quarto punto evidenzia la necessità di una specifica disciplina per la tutela della “persona coinvolta” (ossia la persona fisica o giuridica oggetto della segnalazione o, comunque, interessata dalla stessa), che lo Schema non sembra considerare, nonostante la stessa Relazione illustrativa e la Direttiva ne prevedano la protezione al pari del segnalante; occorre quindi riconoscere alla “persona coinvolta” adeguate prerogative di difesa e reazione.

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