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Le sanzioni internazionali: da rischio normativo a leva di governance

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In un contesto geopolitico sempre più instabile e frammentato, le sanzioni internazionali non sono più uno strumento eccezionale, ma una condizione strutturale del mercato globale. Non colpiscono solo Stati, ma anche individui, settori, beni dual use e asset digitali, inserendosi nella quotidianità operativa delle imprese, con riflessi immediati sulla gestione commerciale, logistica, finanziaria e reputazionale.

È da questa consapevolezza che ha preso forma l’incontro promosso da ComplianceDesign.it e Orrick, con un obiettivo chiaro: favorire un confronto operativo e trasversale tra industrie profondamente diverse, per delineare insieme un possibile framework comune nella gestione del rischio sanzionatorio. Non si tratta più solo di evitare violazioni, ma di costruire strutture capaci di integrare prevenzione, analisi del rischio e resilienza operativa.

Tra i protagonisti: Viviana Mara (Leonardo – Divisione Elicotteri), Giulia Levi (Prysmian), Nicola Mitidieri (DeA Capital RE SGR), Jean Paule Castagno e Andrea Afonso Stigliano (Orrick).

L’approccio vincente è per processi, non per reati. Le esperienze condivise hanno mostrato come i modelli più efficaci siano quelli integrati trasversalmente nei flussi aziendali, capaci di connettere normative su export control, filiere globali, struttura proprietaria dei clienti e controlli finanziari in un unico sistema coeso. I sistemi ERP evoluti, ad esempio, permettono blocchi automatici in base all’abbinamento tra codici doganali e Paesi a rischio, innescando investigazioni interne già nella fase di inserimento ordine in aree considerate a rischio.

La classificazione tecnica dei prodotti, soprattutto in ambito dual use, emerge come primo presidio preventivo. È essenziale un lavoro sinergico con l’ingegneria per verificare l’inquadramento normativo dei beni e prevenire criticità, anche in relazione all’extraterritorialità delle normative statunitensi. In parallelo, la due diligence rafforzata nei confronti della clientela è oggi una prassi consolidata: non si analizza solo il cliente diretto, ma l’intera struttura proprietaria e l’uso finale dichiarato. L’obiettivo è evitare triangolazioni con Paesi sanzionati, spesso dissimulate attraverso soggetti intermedi

Nel settore finanziario, la pressione regolatoria spinge verso un controllo sempre più granulare: digital onboarding, KYC avanzato, intelligenza artificiale per il riconoscimento di schemi societari opachi e flussi sospetti. Ma accanto alla tecnologia resta centrale il fattore umano, soprattutto nella valutazione dei rischi reputazionali, che possono determinare l’esclusione dai mercati internazionali o la perdita di fiducia da parte degli investitori.

Un messaggio trasversale emerso con forza riguarda la necessità di un approccio multidisciplinare: giuristi, compliance officer, risk manager, ingegneri, tecnici doganali devono lavorare insieme, integrando competenze legali e operative per costruire un presidio efficace. Le normative sono complesse, ma ancora più complessa è la realtà dei processi aziendali: per questo servono strumenti condivisi, chiari e scalabili.

Anche la gestione delle crisi ha mostrato la rilevanza strategica della compliance. Alcuni casi condivisi hanno evidenziato come, in assenza di presidi preventivi, le imprese siano state esposte a rischi di violazione indiretta delle sanzioni attraverso fornitori o clienti che operavano triangolazioni non evidenti. In altri casi, sono state necessarie azioni rapide per interrompere rapporti, evitare flussi finanziari non conformi o ottenere deroghe e autorizzazioni presso autorità competenti. La capacità di attivare tempestivamente unità di crisi interne, con visione legale, commerciale e operativa integrata, è stata determinante per ridurre i danni e riposizionarsi correttamente sul mercato.

Infine, è stato sottolineato come la formazione continua delle funzioni operative – vendite, logistica, acquisti, amministrazione – sia la chiave per trasformare la compliance da funzione di controllo a leva culturale, generando una percezione del rischio responsabile e condivisa. Solo creando consapevolezza diffusa e canali di escalation chiari, la compliance può davvero guidare scelte quotidiane e strategiche.

Governare il rischio sanzioni significa saper leggere il contesto, dotarsi di strumenti adeguati, costruire policy sostenibili e formare una cultura organizzativa capace di reagire con lucidità. Le sanzioni non sono più un evento straordinario, ma la nuova normalità. Chi è in grado di affrontarle con consapevolezza ha già un vantaggio competitivo.


Non ci fermiamo qui! Dopo il successo dell’evento, il 7 luglio ci spostiamo a Roma per continuare a parlarne insieme.
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