Transparency, l’Italia migliora ma “c’è ancora molto da fare”
Nell’ultimo anno l’Italia è migliorata ancora nella classifica di Transparency International che valuta l’Indice di Percezione della Corruzione (CPI). Nell’edizione del rapporto, il nostro paese si colloca al 41esimo posto, con un punteggio di 56. L’Italia conferma così il punteggio dello scorso anno e guadagna una posizione nella classifica globale dei 180 Paesi oggetto della misurazione.
compliancedesign.it ha intervistato Iole Anna Savini, avvocato penalista, da dicembre 2020 presidente del capitolo italiano di Transparency International.
Partiamo dai dati dell’ultimo CPI, a che punto siamo in Italia?
L’Italia ha fatto grandi progressi, soprattutto negli ultimi dieci anni. La legge Severino del 2012 è stata il punto di svolta e da allora il nostro Paese ha progressivamente migliorato la sua posizione. Questo a valle di molte attività che hanno innescato un trend positivo, confermato anche dall’ultima classifica, in cui l’Italia ha guadagnato una posizione rispetto all’anno precedente. Il dato è significativo, anche in considerazione della preoccupazione degli esperti sulla volatilità dei governi italiani. Condizione questa che avrebbe potuto rallentare i progressi, ma gli sforzi compiuti sono stati invece valorizzati.
Quali sono i dati del CPI che saltano più all’occhio?
È evidente che l’Italia ha migliorato la sua posizione, ma rispetto ad altri Paesi europei di riferimento, come Germania e Francia, c’è ancora molto lavoro da svolgere ed è in questa direzione che bisogna muoversi.
Qual è il rapporto di Transparency con il legislatore?
Faccio una piccola premessa. L’Advisory Board dell’Associazione aveva riscontrato una scarsa sensibilità sulle tematiche anticorruzione nei programmi elettorali delle diverse forze politiche. Abbiamo quindi delineato nell’agosto scorso un’agenda politica di sette punti, diretta al Governo e al Parlamento che si sarebbero insediati: tra le altre azioni, si è proposta la trasposizione della direttiva sul whistleblowing e l’emanazione della normativa sul lobbying. Questa agenda è stata poi trasmessa al decisore pubblico e molti dei punti proposti sono stati oggetto di discussione.
In termini complessivi, l’Associazione ha un rapporto consolidato con il legislatore e viene di frequente invitata nelle audizioni delle Commissioni parlamentari in caso di modifiche normative che possono influire sull’attività di contrasto alla corruzione.
Attività politica e attività di lobbying, quanto è importante regolare il rapporto?
La disciplina sul lobbying è uno dei punti fondamentali per la credibilità internazionale del nostro Paese. Nonostante le raccomandazioni del Segretariato di Transparency International ed i diversi progetti di legge in materia, non esiste ancora una normativa specifica in Italia.
Nel nostro ordinamento è previsto il reato di traffico di influenze illecite, rilevante anche ai sensi della responsabilità di cui al D.Lgs.231/2001, e tuttavia il quadro preventivo non può ritenersi completo fintanto che manchi una regolamentazione normativa sulle attività lobbying.
Transparency Italia, oltre a promuovere da tempo l’adozione di tale disciplina, ha qualche tempo fa sviluppato un progetto con una importante società di public affairs, che ha messo a disposizione i propri dati e le proprie policy. Si è così inteso rappresentare che l’attività di lobbying può essere svolta nel segno dell’integrità e della trasparenza.
Dal rapporto con il pubblico al privato. Come si sta muovendo Transparency International Italia?
Abbiamo sviluppato il BIF, ovvero il Business Integrity Forum, un gruppo di lavoro attivo dal 2015 che riunisce alcune delle più importanti aziende italiane che ripongono particolare attenzione e impegno nelle attività di trasparenza, integrità e anticorruzione. Il progetto si amplia di anno in anno e le aziende che vi partecipano possono strutturare il proprio sistema di compliance sulla scorta dei pilastri condivisi dalle grandi società coinvolte. L’ingresso al progetto è subordinato ad un’attenta verifica preliminare da parte dell’Associazione circa la compliance aziendale.
Tuttavia, il BIF è importante non solo per le società coinvolte ma anche per l’effetto di diffusione a cascata dei suoi principi su tutta la filiera.
Un’altra iniziativa di rilievo, anche a livello internazionale, è rappresentata dalla possibilità di portare le nostre aziende nelle principali ambasciate estere. Questo progetto è stato sviluppato in correlazione al BIF e presentato a Washington, Vienna, Londra e Parigi, San Paolo in Brasile, ed è importante perché valorizza l’operato delle società italiane in termini di integrità e compliance.
Transparency International Italia da numerosi anni si occupa inoltre di whistleblowing che è ormai un pilastro delle attività dell’organizzazione. Supportiamo infatti oltre 1800 enti pubblici con piattaforme gratuite per la ricezione di segnalazioni e offriamo assistenza alle aziende nella loro gestione. Siamo un interlocutore riconosciuto dalle istituzioni e siamo stati auditi come esperti in materia durante l’iter di approvazione della nuova disciplina.
Tra gli altri progetti, ricordo anche i Patti di Integrità, strumenti che regolamentano le attività condivise tra enti pubblici e privati, in particolare nelle grandi opere, e che mirano a garantire che tutti i passaggi, dall’acquisizione dell’appalto fino alla conclusione, siano eseguiti correttamente. In questo quadro, Transparency International Italia agisce come osservatore esterno per assicurare la corretta esecuzione dei processi. L’organizzazione ha sviluppato un know-how particolarmente raffinato in questo campo che contempla anche il coinvolgimento di cittadini e società civile sui temi della trasparenza e dell’integrità e può vantare diversi casi di successo.
Quali sono i prossimi passi da fare nella lotta alla corruzione? E come si muoverà Transparency International?
Nel breve periodo, Transparency International Italia ha progetti con il Segretariato di Berlino sul whistleblowing, sul tema della trasparenza dei finanziamenti alla politica, sui Patti di Integrità. Per quanto riguarda Transparency International Italia, siamo riconosciuti come uno degli attori maggiormente qualificati in questi due ambiti. Ancora, a novembre 2022 abbiano sottoscritto e supportato il Manifesto Zerø Corruption, promosso dal Comitato Anticorruzione del Business dell’OCSE e presentato per la prima volta in Italia al BIF National Event di Milano. Il Manifesto propone formalmente all’ONU un nuovo obiettivo indipendente dedicato all’anticorruzione, da inserire tra gli SDGs dell’Agenda 2030. Stiamo lavorando per portare a segno questo obiettivo e per farlo abbiamo avviato importanti rapporti con alcune associazioni e con l’ONU.
Un’attività fondamentale di Transparency International Italia è anche la formazione, in che modo?
Il tema della formazione è di grande importanza per Transparency International Italia, che si impegna a sensibilizzare la società sulle materie dell’anticorruzione e della trasparenza. Questa missione richiede un impegno a lungo termine, in particolare nella formazione delle nuove generazioni nelle scuole e nelle università. È importante che i giovani comprendano che la corruzione è una pratica dannosa per tutti e che deve essere contrastata non solo perché costituisce reato, ma anche perché mina la fiducia nella società civile e nelle istituzioni.. […]continua a leggere People in Compliance