Un anno si è chiuso e un nuovo anno si prepara ad aprirsi. Quello appena trascorso ha reso ancora più centrali, critiche e necessarie le funzioni di controllo, compliance e anticorruzione, chiamate a operare in contesti complessi, caratterizzati da pressioni crescenti sull’integrità e sulla business ethics.
È proprio in questi scenari che la compliance è chiamata a riaffermare il proprio ruolo di guida e di garanzia. Non come mero apparato regolatorio, ma come espressione di una responsabilità collettiva capace di presidiare i confini della correttezza quando diventano più fragili. In questa prospettiva, ComplianceDesign.it fa suo un estratto dell’intervento di Nicola Allocca al Comitato Anticorruzione dell’OCSE, come richiamo a una responsabilità condivisa e sistemica, fondata su un “noi” che sappia riconoscersi e reagire.
“Ci sono loro, ma ci siamo anche noi.”
Nel contesto dell’antimafia questa affermazione non è una formula retorica. È un assunto sostanziale. Indica l’esistenza di due campi. Da una parte un sistema che avanza in modo organizzato. Dall’altra un sistema che deve riconoscersi, reagire, tenere i limiti.
Portata nel mondo della governance aziendale, della compliance e dell’anticorruzione, questa affermazione conserva tutta la sua forza. E apre una domanda meno comoda di quanto sembri.
Sappiamo benissimo chi sono loro.
Li conosciamo. Li studiamo. Li mappiamo. Sono le pratiche opache, le scorciatoie, le pressioni indebite, le collusioni. Sono dinamiche che non nascono all’improvviso, ma si costruiscono nel tempo, spostando gradualmente il confine di ciò che è accettabile.
La vera domanda riguarda noi. Chi siamo “noi” quando parliamo di compliance e anticorruzione? Siamo solo una funzione aziendale? Siamo un insieme di presidi tecnici, di controlli, di procedure?
Oppure il “noi” include anche il business. Include il management. Include l’amministratore delegato quando le decisioni diventano difficili, quando il contesto è grigio, quando la pressione sui risultati rende più sottile il confine tra ciò che è formalmente corretto e ciò che è sostanzialmente giusto.
Qui emerge un dubbio provocatorio, ma necessario.
Perché mentre noi tendiamo a restringere il perimetro del “noi”, loro fanno esattamente il contrario.
Chi opera in modo corrotto applica spesso il principio dell’inclusione in maniera estremamente efficace. Coinvolge quante più figure aziendali possibili. Distribuisce ruoli e responsabilità. Costruisce consenso interno. Non per valore, ma per funzione. La corruzione non è mai un atto isolato. È un meccanismo collettivo che avanza perché riesce a includere.
Ed è proprio per questo che la risposta non può essere affidata a una funzione sola.
Se loro avanzano come sistema, anche la reazione deve essere sistemica.
Serve un “noi” capace di attivarsi quando si creano delle storture. Serve un sistema buono che reagisca quando i limiti vengono spostati, prima che il superamento diventi normalità.
Un esempio concreto è quando le organizzazioni di compliance non sono allineate alle best practice, o quando i presidi esistono solo formalmente ma non funzionano nella sostanza. In questi casi il “noi” dovrebbe emergere. Dovrebbe rendere visibile lo scarto tra ciò che è dichiarato e ciò che accade realmente. Gli organismi di controllo dovrebbero intervenire esercitando una funzione di garanzia, richiamando il sistema ai suoi principi prima ancora che alle sue regole. Non come contropotere, ma come elemento di equilibrio, capace di riattivare il sistema quando si indebolisce e di impedire che le deviazioni diventino strutturali.
Perché senza un “noi” riconoscibile, la compliance rischia di restare sola. E una compliance sola, anche se ben disegnata, non basta.
La lotta alla corruzione non si vince con più regole o con modelli più sofisticati. Si vince quando esiste una comunità che riconosce i limiti e li difende. Quando il “noi” non è un’etichetta organizzativa, ma un sistema che reagisce.
Insieme, possiamo contrastare loro. Senza un “noi”, perdiamo.
E allora la domanda finale resta, ed è una domanda di responsabilità, non di stile. Ci sono loro, ma ci siamo anche noi?

