Governance quotate: direzione successo sostenibile

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La relazione 2021 del comitato italiano per la corporate governance (9° rapporto sull’applicazione del codice di autodisciplina) se da un lato evidenzia alcune debolezze strutturali nella governance delle società quotate, dall’altro indica chiaramente l’obiettivo strategico a cui tendere, ossia, il “successo sostenibile” e la promozione del dialogo con la generalità degli azionisti e degli stakeholder.

Ma andiamo con ordine.

Lo scopo, i dati, le aree di raccomandazione

Il comitato – costituito dalle Associazioni di impresa (ABI, ANIA, Assonime, Confindustria) e degli investitori professionali (Assogestioni), nonché da Borsa Italiana – ha come scopo istituzionale quello di promuovere il buon governo societario delle società italiane quotate (e a tal fine approva il codice di corporate governance e ne assicura il costante allineamento alle best practice internazionali), garantendo anche un monitoraggio con cadenza annuale dello stato di attuazione del Codice da parte delle società aderenti.

L’analisi è condotta sulle informazioni pubblicate dalle società nelle relazioni sul governo societario e sulle remunerazioni pubblicate nel corso del 2021 e copre una platea che rappresenta il 95% del totale delle società italiane con azioni quotate sul MTA (91% se consideriamo la copertura integrale del listino di Borsa comprendente anche le quotate di diritto estero).

La relazione e l’indice che ne deriva tiene conto di 20 principali raccomandazioni, raggruppate nelle quattro aree della governance su cui si concentra il codice:

  • struttura e composizione dell’organo di amministrazione;
  • funzionamento e professionalità dell’organo di amministrazione;
  • indipendenza degli amministratori;
  • politica di remunerazione.

Gli indici del report 2021

In generale, nel 2021 il grado di applicazione medio delle principali raccomandazioni del codice è elevato, pari a quasi il 67%, ed è in costante crescita. I dati sotto la media riguardano le società piccole (59%), le società non finanziarie (65%) e quelle a proprietà concentrata (64%).

Le raccomandazioni che trovano maggiore e più diffusa applicazione attengono all’area della struttura e composizione del consiglio di amministrazione (con un grado di applicazione media dell’82%) e all’area delle politiche di remunerazione (73%). Più debole è l’applicazione delle raccomandazioni relative alla valutazione dell’indipendenza degli amministratori (53%) e all’efficace funzionamento del board (48%).

Gli indicatori che riguardano le raccomandazioni relative alla struttura e composizione del consiglio mostrano un elevato livello di adesione con riguardo alla presenza di amministratori indipendenti, alla nomina di un lead independent director, qualora ci si trovi nelle condizioni che ne richiedono la nomina, e alla costituzione e funzionamento del comitato remunerazione e del comitato per il controllo e i rischi. Appare invece ancora insoddisfacente la valorizzazione del comitato nomine, che ancora circa la metà delle società censite non ha istituito o ha deciso di unificarlo con altro comitato, quasi sempre il comitato remunerazioni, senza un’adeguata trasparenza sullo svolgimento delle relative funzioni.

Le aree critiche

Si rileva un grado di adesione quasi sempre inferiore al 50%, nelle raccomandazioni che riguardano invece i piani di successione, l’informativa preconsiliare e l’autovalutazione.

In particolare, si rileva:

  • l’assenza di piani di successione nel 67% delle società;
  • l’efficacia e la tempestività dell’informazione fornita prima delle riunioni del board, che risulta insoddisfacente nel 58% delle società, soprattutto per la ancora frequente previsione di generiche derogabilità ai termini di preavviso per motivi di riservatezza;
  • l’adeguatezza del processo di autovalutazione del board, che in circa la metà delle società quotate non prevede adeguati meccanismi che assicurino che il board, o sue specifiche componenti, sovraintendano al suo svolgimento.;
  • l’orientamento del consiglio uscente sulla sua composizione ottimale che appare ancora assente in circa la metà delle società con consigli in rinnovo nel 2021.

Le politiche di remunerazione

Un grado di applicazione molto elevato è rilevabile nella previsione di una remunerazione variabile per gli amministratori esecutivi (90%), nella previsione di un tetto a questa componente (88%) e nel legare la remunerazione variabile a obiettivi di medio-lungo periodo (88%).

Un miglioramento significativo si registra anche nelle aree più critiche quali la definizione degli obiettivi di performance per la remunerazione variabile legati a obiettivi legati alle strategie delle società, ulteriori rispetto a quelli di profittabilità (57%), nella chiara indicazione degli obiettivi di performance cui è legata la remunerazione variabile (61%) e nella trasparenza delle procedure per la concessione di eventuali indennità di fine carica per gli amministratori esecutivi (57%).

Tra gli indicatori tradizionalmente più deboli si osserva infine un miglioramento nella previsione delle clausole di claw-back (circa il 70%).

Direzione successo sostenibile

Circa la metà delle società censite ha fornito informazioni rispetto alla raccomandazione relativa all’integrazione della sostenibilità nella definizione delle strategie, del sistema di controllo interno e di gestione dei rischi e della politica di remunerazione, di fatto anticipando l’applicazione del nuovo codice.

La direzione, ormai, sembra essere definitivamente tracciata.

 

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