Governance quotate e politica sulla remunerazione

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La raccomandazione

Il Codice di autodisciplina approvato dal Comitato* per la Corporate Governance, raccomanda per gli amministratori esecutivi la definizione di un pacchetto retributivo idoneo ad allineare i loro interessi con l’obiettivo prioritario della creazione di valore per gli azionisti nel medio-lungo termine; per i non esecutivi il compenso deve essere commisurato all’impegno richiesto, ivi inclusa la loro partecipazione a uno o più comitati.

Nelle società che aderiscono al Codice, il 90% delle politiche prevede la corresponsione di una componente variabile per gli amministratori esecutivi: tale prassi è quasi sempre presente tra le società del FTSE MIB e del Mid Cap (rispettivamente nel 100% e nel 97% dei casi), e comunque molto frequente anche tra le Small Cap (85%) .

I parametri

La politica remunerativa delle società quotate fornisce quasi sempre informazioni sui parametri cui è legata la remunerazione variabile. Ciò accade nel 98% delle società che prevedono tale componente per gli amministratori esecutivi; un dato in lieve aumento ma comunque sostanzialmente molto elevato stabile nel tempo.

I parametri scelti possono essere diversi: quasi tutte le politiche fanno riferimento almeno a un indicatore di matrice contabile, mentre oltre la metà delle società collega l’erogazione e l’entità della remunerazione variabile anche al raggiungimento di obiettivi “di business” quali, ad esempio, il raggiungimento di specifici obiettivi strategici, operazioni straordinarie, di crescita o sviluppo internazionale, ma anche obiettivi legati alla sostenibilità, alla consumer satisfaction o al contenimento dei rischi reputazionali o legali (65% dei casi); la previsione di questi ultimi è sostanzialmente stabile nel triennio mentre segna comunque un miglioramento rispetto agli anni precedenti181 . Nel 59% dei casi è comunicato il collegamento del variabile al valore di mercato delle azioni (piani stock-based): un dato che appare sostanzialmente stabile rispetto al 2020 e che conferma dunque il lieve calo osservato l’anno scorso rispetto al 66% del 2019. Sia la previsione di obiettivi di “business” sia il collegamento di almeno parte del variabile all’andamento del titolo rimane più frequente nelle società grandi (rispettivamente 85% e 88% nelle FTSE MIB).

I bonus

I bonus ad hoc, che erano cresciuti costantemente dal 25% del 2016 al 41% nel 2020, si sono quasi dimezzati, interessando nel 2021 il 29% delle società. La possibile erogazione di questi compensi è quasi sempre legata all’eventuale compimento di operazioni straordinarie e di importante valore strategico e appare più frequente tra le società di maggiori dimensioni. Circa la metà delle previsioni sui bonus ad hoc appare comunque legata a un parametro quantitativo o a un limite massimo, mentre nella restante metà dei casi l’entità della loro erogazione appare sostanzialmente discrezionale. Solo in un quarto delle società che prevedono bonus ad hoc, la decisione avviene con un coinvolgimento del comitato remunerazioni.

Orientamento di breve e di lungo termine della remunerazione variabile

La componente variabile della remunerazione è legata a obiettivi sia di breve che di medio-lungo termine circa nel 75% dei casi; soltanto a obiettivi di breve termine nel 20% dei casi, mentre ha un esclusivo orientamento al lungo temine nel 5% dei casi.

Dall’esame delle politiche di remunerazione è emerso un aumento dei casi in cui almeno parte della remunerazione variabile appare espressamente legata a obiettivi di performance non finanziaria, utilizzate nel 60% delle società censite. Tuttavia, la qualità di tali obiettivi varia significativamente: mentre circa il 40% delle società ha previsto chiari obiettivi ambientali (31%) e/o obiettivi di natura sociale (di cui il 5% per obiettivi di salute e sicurezza sul lavoro o legati alla catena di fornitura; 6% per obiettivi di welfare aziendale, inclusa la diversity), è ancora maggioritaria (58%) la previsione di obiettivi generici di “ESG” o di “sostenibilità” che non rispondendo ai criteri di misurabilità degli obiettivi di performance raccomandati dal Codice per le componenti variabili. Sussiste dunque una significativa area di miglioramento nella definizione degli obiettivi ambientali e sociali che interessa un numero significativo di società in tutte le classi dimensionali

Limite massimo alla remunerazione variabile

Quasi tutte (97%) le società che aderiscono al Codice e prevedono una remunerazione variabile stabiliscono limiti massimi alla sua erogazione.

Clausole di claw-back

Le clausole di claw-back sono state individuate nelle politiche sulla remunerazione di 148 società che aderiscono al Codice (pari al 71% del totale), in costante aumento: tali clausole erano presenti nel 64% dei casi nel 2020, mentre solo nel 34% dei casi nel 2015. La previsione di tale clausola è in aumento in tutte le categorie; la frequenza della sua previsione varia comunque in ragione della dimensione (94% delle società di maggiori dimensioni, rispetto al 86% delle medie e al 57% delle piccole) e del settore di appartenenza (nel settore finanziario tali clausole sono previste nel 95% dei casi, contro il 68% di quello non finanziario).

Politica sulle indennità di fine carica

Il Codice raccomanda agli emittenti di individuare un limite massimo all’importo che potrà essere erogato come eventuale indennità per la cessazione anticipata del rapporto con un amministratore esecutivo: il limite può essere identificato da un cap fisso o da un parametro legato al compenso ricevuto dall’amministratore in un determinato numero di anni. L’informazione fornita dalle società non è sempre esplicita. Soltanto poco più della metà (57%) delle società definisce delle chiare regole sulla futura ed eventuale erogazione delle indennità di fine carica201 come richiesto dal Codice. Negli altri casi, le società sembrano escludere l’erogazione di un’indennità o non prevedono regole per la sua eventuale erogazione202. Concentrando l’attenzione sulle società che definiscono una o più regole, nella maggior parte dei casi (70%) la politica definisce un limite massimo all’ammontare della eventuale indennità di fine carica, mentre in circa un quinto dei casi (18%) la società definisce un importo fisso e predeterminato per l’eventuale indennità. Nel restante 12% dei casi la società definisce una regola per la futura e possibile erogazione dell’indennità di fine carica; talvolta la politica subordina il calcolo dell’ammontare dell’eventuale indennità a più regole, ad esempio cumulando diverse regole di calcolo dell’importo fisso e della componente variabile; in rari casi, l’ammontare dell’indennità è parametrato al compenso residuale, dovuto sino alla scadenza naturale del mandato.

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*Il comitato – costituito dalle Associazioni di impresa (ABI, ANIA, Assonime, Confindustria) e degli investitori professionali (Assogestioni), nonché da Borsa Italiana – ha come scopo istituzionale quello di promuovere il buon governo societario delle società italiane quotate (e a tal fine approva il codice di corporate governance), garantendo anche un monitoraggio con cadenza annuale dello stato di attuazione del Codice da parte delle società aderenti.
L’analisi è condotta sulle informazioni pubblicate dalle società nelle relazioni sul governo societario e sulle remunerazioni pubblicate nel corso del 2021 e copre una platea che rappresenta il 95% del totale delle società italiane con azioni quotate sul MTA (91% se consideriamo la copertura integrale del listino di Borsa comprendente anche le quotate di diritto estero).